Storie consumate

Storie consumate

Scorre la vita e se ne va.

Ogni giorno toglie un pezzettino

prezioso e ci consuma.

Passano giorni mesi e anni.

Cambiano i colori delle stagioni

tra gioie e dolori di sogni in volo

nei momenti vissuti nell’onda

che viene e va sulla riva del cuore.

Ci spoglia il tempo della nostra giovinezza

col vento che porta con sé ricordi

di pezzi vissuti al testosterone

sotto i jeans consumati

di acerbe avventure dentro le macchine

appannate d’amore.

Amori venuti e andati.

Maree che insegnano e guariscono le nostre cazzate

anche se ogni incontro ogni addio

è un capitolo scritto

nel libro mai vuoto.

La giovane età passa e va

cresce la saggezza che sa di vissuto

riflessa tra le mille albe del giorno

anche se intorno rossi tramonti

illuminano la strada senza ritorno.

E così la vita passa e va

in una sinfonia che sta in ogni respiro

in ogni battito di cuore.

Un viaggio senza fine

alla ricerca di qualcosa

che vive dentro noi .

Il balocco rotto

Il balocco rotto

Scusa tanto se sono indolente,

come vedi non ho più voglia

di essere invadente.

Si è affievolita la luce della fiducia

in un incubo di fuoco che brucia.

Spero non sia colpa mia, complice di vedere

con gli occhi tuoi le cose belle diverse da ieri.

Scusa tanto se rido di te, ma non posso

negare la sciocca che sei.

Comunque vada ti sarò accanto

perché dopotutto ti amo tanto.

Spero tanto vada bene e torni a brillare

il tuo eldorado posto in alto.

La dolce donna vestita di rosa si rattrista,

oggi è una menzogna reale che vergogna.

Scusa se sono un peso, l’uovo di pasqua

è una sorpresa amara di un presunto arrivederci.

Sei e resterai la mia bambola sexy

anche se il gioco purtroppo sé rotto,

non sarò un balocco a rimediare il tuo scotto.

Siamo qui in questo momento, insieme,

senza giudizio. Non importa chi siamo,

non importa come finirà .

“Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”

Formiche numerate

Formiche numerate

Devo fare qualcosa

prima di andare a lavorare.

Devo dire quello che penso

prima che venga Natale.

Il mattino è propizio per nuove impressioni,

devo approfittare prima di andare.

Il lavoro è un contenitore

di formiche numerate,

con i soliti passi e movimenti

che fanno di te un robottino operaio

senza ali per non pensare,

senza sogni per non creare.

Devo dare il meglio di ciò che so fare,

facciamo presto prima di andare a lavorare,

senza paga non puoi campare;

ma la voglia di raccontare

fa di me uno diverso

dallo stare in fila ad aspettare

il tempo sempre uguale.

Devo dire qualcosa prima di timbrare,

qualcosa dove il tempo lo si può afferrare.

Il lavoro non può attendere,

fai una scelta folle se lo vuoi cambiare,

ci vuole coraggio ma si può fare;

quindi resto a raccontarmi le storie

imparate di quando per errore

ero un numero tra tanti, lasciando a casa

quello che oggi avrei potuto fare ieri.

Le formiche numerate a volte possono rompere le righe,

sostituendo i pugni ricevuti in apprezzabili carezze,

pronte a elargire nuove certezze da creare .

Io, lei, e Battisti

Io, lei, e Battisti

E’ un pomeriggio estivo al bar ancora aperto,

con le botteghe chiuse su scritto chiuso per ferie.

Sono le 3 e mezza, l’aria è troppo calda per vedere anime

camminare per sedersi al bar. Mi guardo intorno,

tutto è lento, anche il cameriere pisola dietro il bancone

col giornale del mattino che gli fa da cuscino.

Lassù, il cielo azzurro mi fa pensare a quella canzone

dentro il jukebox.

Passano le auto con i vetri abbassati col braccio fuori,

coi capelli scompigliati come il ventilatore dentro il bar.

L’aroma del caffè si mescola al fumo della sigaretta accesa.

Osservo per qualche minuto la macchina di fronte a me,

lavata e pulita, e mi compiaccio per quanto è speciale

con le borchie cromate come specchi lucenti.

Sento voci di donna dietro me, in lontananza,

sono tre ragazze vestite di accesi colori.

Ordinano tre ghiaccioli da consumare;

sorridono tra loro, poi si tirano indietro i capelli,

i loro visi carini sono lievemente sudati.

Arrivano dei ragazzi in jeans e camicie a maniche corte

con sotto le sigarette, si siedono al tavolino: mangiano

e bevano in allegria.

Uno di loro infila una moneta nel jukebox: finalmente

comincia a muoversi un po’ di vita fuori dal baretto,

poi giocano a biliardino.

Uno di loro si presenta alla ragazza che si alza

verso il jukebox, cominciano a parlare e ridendo

accennano a ballare una canzone di Battisti.

(Poi apprendo che si conoscevano da prima).

La musica si diffonde nell’aria aleggiando armonia.

Sono le 4 e un quarto, alzo il sedere e decido di fare

un giro per la città, in direzione piazzale.

E’ gradevole viaggiare piano in auto, con l’odore dolce

dei tigli che vola dentro. Poche auto, tanti bus turistici.

Passeggio tra la gente eccitata per la vista di Firenze

che gli appare sotto gli occhi.

Poi qualcuno mi chiede un informazione.

Osservo il cielo con i piccioni, che di tanto in tanto

vanno a posarsi sul David piazzato nel centro del piazzale.

(E’ una meta importante visitare piazzale Michelangelo).

Per qualche minuto me ne sto appoggiato alla grossa

ringhiera, l’Arno è un nastro con sopra tanti ponti,

tra cui Ponte Vecchio che fa la differenza.

Nulla da dire: la vista di Firenze è ineguagliabile.

Accendo la sigaretta e aspetto che finisca.

Finisce pure la voglia di restare, il bar-ristoro è troppo caro

per prendere un caffè.

Sono le 5 e dieci, vado verso casa, mi farò una doccia

per rinfrescarmi un po’,

sono alquanto contento di lasciarmi alle spalle

l’aria calda della città. Stasera vado da lei.

Sono le 7 e quaranta, la macchina è al solito posto,

parcheggiata lì, sotto la finestra.

Sono sul treno che mi porta al mare, finalmente

la posso abbracciare col suo vestito a fiori

che comprai in quel mese di marzo,

quando mi disse: non sarà un avventura, questo

amore è fatto solo di poesia.

Sono le 8 meno dieci, dal finestrino è ancora giorno,

ad un tratto ti penso con un fiore in bocca,

poi ritorno col pensiero indietro di un anno,

a parlar di rughe e vecchie streghe.

Lentamente mi addormento, all’improvviso una distrazione

mi sveglia, e mi ritorni in mente.

Tra poco ci faremo le pazzie con i tuoi capelli

sparsi sulle mie mani che non tremano più.

Penso a qualcosa che capire tu non puoi,

tu chiamale se vuoi, emozioni…

Sono le 23 e tre, soli io e te, con le nostre braccia

strette su di noi .

Pomeriggio d’estate 1974

Zombi

Zombi

Vivere o morire

che differenza fa,

per quelli che non hanno niente

neppure da mangiare,

ma non per questo

si lasciano andare.

Loro sanno come sopravvivere

in questo tempo che ha perso la realtà,

dove tutto appare

normale nella sua malvagità,

dove se piove o c’è il sole

che differenza fa.

Vivere la vita

non è dormire senza sognare,

ne respirare per non affogare,

ma trovare per provare

quanto sia grande sapere amare .

Uomini di pezza

Uomini di pezza

La guerra la fa chi non guarisce dai suoi mali.
Lotta continua in nero seppia,
nostalgia di teste torte
di siluri come supposte
sparate nel sedere.
Cavoli amari ca cavoli cotti
viva la guerra chi non la sa fare.
Brucia la fede senza le spine:
uomini di pezza
pantaloni calati
ficheggiano sotto la gonna
strappata, stuprata.
Questa è la terra
del gratta e vinci,
manina malandrina del cartellino,
alta la linea del cuore
per riprendere quota.
Credere alle onde del mare è cosa saggia,
scorgere plastica è una minaccia.
Terra smarrita di alberi senza radici,
umanità fottuta sotto la cenere .

Le dovute distanze

Le dovute distanze

Lei ascolta ciò che dico
distante dal mio viso.
Poi mi viene voglia di baciarla
ma indietreggia e sbuffa
senza una ragione.
La trattengo per la testa
ma sguscia via
come una saponetta,
lei urla incavolata
che ho mangiato le cipolle
e l’alito pesante vola lontano.
Me ne faccio una ragione
dandomi di coglione
mentre preparo una frittata
con sopra le cipolle.
Io non mollo e le dico
se ne vuole un pezzettino.
Mi lancia un’occhiata assassina
come dire manco col ca.
Poi si spoglia un po’ alla volta
indicando in basso
la sua pietanza calda.
È una sfida assai crudele
da consumare su due piedi.
Lei mi fissa con la punta della lingua
intorno alle sue labbra.
Getto via la frittata
ma le cipolle nella mano
sono lacrimogeni per i suoi occhi.
Pero’ la morsa della sua mano
si fa sentire forte sui mie attributi.
Alzo bandiera bianca
dichiarando pace.
Lei si avvicina a me
con una cipolla che mi caccia in bocca
poi la morde e sputa il pezzo
dritto nel mio occhio.
Mi stringe su di se
e mi fa l’amore forte forte
tra l’odore intenso
di quelle stronze di cipolle .

La festa della vita

La festa della vita

Oggi più che mai,

la ricchezza prevale su ogni sentimento,

e il sesso per eccellenza è il suo companatico.

Nasce così l’idea, di come la festa della vita

è masticare tutto quello che ti fa stare bene,

senza sudare ne faticare il prezzo da pagare.

La concretezza stimola appetito, direi papale,

di mani appiccicose a contare quanto grano hai

da gestire sulla vetta del tuo trono.

Oggi più che mai, non riusciamo a distinguere

quale delle due verità è la puttana più ideale.

Oggi come mille anni fa

la ricchezza vola sopra ogni ragionevolezza,

e il sesso per eccellenza è la sua giovinezza,

la concretezza stimola appetito, direi papale,

di mani curate sul palpabile da consumare e gettare.

Tanto cosa vuoi che sia, per uno che vuol leccare monete,

anelli, gioielli, e reliquie preziose pur di stare nell’oro a solazzarsi.

Cambia tutto col tempo, pure il clima terrestre,

ma l’istinto segue il vizio ai soldi e accesso libero al sesso,

restano lì nascoste invisibili le due verità nell’ultimo comandamento,

di quella tavola riversa sotto un mucchio di droga nera.

Tuttavia, tutto appare facile, se realmente

la ricchezza piovesse dall’alto e il sesso

fosse suo alleato, ma se ci pensi, non e’ così, non così facile.

E qui mi fermo e metto un freno, altrimenti sono guai…

Buona vita e così sia .